Il divieto di pantouflage: tra prevenzione dei conflitti di interesse e chiarimenti interpretativi
Il divieto di pantouflage: tra prevenzione dei conflitti di interesse e chiarimenti interpretativi
A cura di Avv. Giuseppe Imbergamo e Dott. Gianluca De Benedettis
INDICE
- Premessa
- Poteri autoritativi e negoziali: il caso del RUP e del Direttore dell’esecuzione
- La natura stabile o occasionale degli incarichi privati
- Le sanzioni previste dall’ordinamento
- Considerazioni conclusive
Premessa
Con il termine pantouflage si indica il passaggio dei funzionari pubblici a incarichi nel settore privato presso soggetti con i quali abbiano intrattenuto rapporti professionali durante il servizio.
Il cosiddetto divieto di pantouflage è disciplinato dall’art. 53, comma 16-ter, del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e rappresenta uno dei cardini della normativa anticorruzione.
Tale norma è stata introdotta dall’art. 1, co. 42, della legge 06/11/2012, n. 190 (cd. “Legge Severino”).
Si tratta di una norma che mira a evitare che i dipendenti pubblici, cessati dal servizio, possano sfruttare il proprio ruolo passato presso le Pubbliche amministrazioni (c.d. enti in provenienza) per intraprendere rapporti lavorativi con soggetti privati (c.d. enti in destinazione) che abbiano beneficiato, negli ultimi tre anni (c.d. periodo di raffreddamento), di provvedimenti adottati attraverso l’esercizio di poteri autoritativi o negoziali.
Il Legislatore ha inteso così limitare la libertà negoziale del dipendente pubblico, al fine di scongiurare fenomeni di conflitto di interesse, garantire l’imparzialità dell’Amministrazione ed evitare accordi fraudolenti che possano pregiudicare l’interesse pubblico, compromettendo i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa sanciti dall’art. 97 Cost.
Tuttavia, il tenore letterale della norma ha lasciato spazio a dubbi interpretativi, che la giurisprudenza amministrativa e l’ANAC hanno progressivamente chiarito, da ultimo con le Linee Guida n. 1 approvate con Delibera n. 493 del 25 settembre 2024.

Poteri autoritativi e negoziali: il caso del RUP e del Direttore dell’esecuzione
Uno dei punti più delicati riguarda l’individuazione dei ruoli che comportano l’effettivo esercizio di poteri autoritativi o negoziali.
L’Autorità ha chiarito che affinché venga in rilievo il c.d. divieto di pantouflage, il potere autoritativo e negoziale deve essere esercitato, per conto dell’amministrazione in modo concreto ed effettivo cioè, “in maniera non astratta e formalistica ma sostanziale e tale da incidere su una determinata situazione giuridica” (pag. 15 delle Linee Guida n.1).
L’Autorità ha, dunque, posto l’accento sulla sicura riconducibilità al potere autoritativo o negoziale di quegli atti che producano effetti favorevoli nei confronti del soggetto privato destinatario.
Secondo l’ANAC, dunque, non ogni funzione svolta dal dipendente pubblico determina l’applicazione del divieto. Ad esempio, il Direttore dell’esecuzione del contratto si limita a garantire che il contratto venga eseguito secondo le clausole previste, monitorando tempi, qualità e condizioni contrattuali, senza adottare provvedimenti in grado di incidere sulla posizione giuridica del privato. Di conseguenza, tale ruolo non rientra nell’ambito applicativo del pantouflage.
Diverso è il caso del RUP, le cui funzioni comportano la gestione e l’adozione di atti determinanti in tutte le fasi della gara, dall’indizione fino alla gestione del contratto. In questo senso, il Parere ANAC n. 796 dell’11 marzo 2025 ha ribadito che l’attività del RUP è espressione dei poteri autoritativi e negoziali, anche quando si tratti di convalida di perizie di variante predisposte dal direttore dei lavori, in quanto tali atti incidono in modo significativo sul contenuto del provvedimento finale.
In continuità con tale orientamento, la recente Delibera ANAC n. 304 del 23 luglio 2025 ha ulteriormente precisato che il ruolo del Direttore dell’esecuzione del contratto non integra, di per sé, una fattispecie riconducibile al divieto di pantouflage.
L’Autorità, adottando un approccio casistico, ha evidenziato che le funzioni del DEC – limitate alla verifica della corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali e al controllo tecnico-contabile – non sempre comportano l’esercizio di poteri autoritativi o negoziali tali da incidere sulla posizione giuridica del privato, salvo che, nel caso concreto, non emergano elementi di effettiva incidenza decisionale.
La natura stabile o occasionale degli incarichi privati
Le Linee Guida hanno posto l’accento sulla natura del rapporto di lavoro instaurato con il privato.
Solo gli incarichi – e la relativa prospettiva – stabili e continuativi possono comportare l’applicazione del divieto, poiché solo in tali casi si concretizza il rischio di compromissione dell’imparzialità del dipendente e della correttezza dell’azione amministrativa (p. 17-18 delle Linee Guida).
Al contrario, gli incarichi occasionali ed episodici, privi di continuità e organizzazione autonoma, non sono idonei a integrare l’“attività professionale” richiesta dalla norma. Pertanto, in questi casi il divieto di pantouflage non trova applicazione.
Le sanzioni previste dall’ordinamento
Il sistema sanzionatorio previsto dalla norma è particolarmente incisivo.
In caso di violazione, infatti, la legge prevede:
- la nullità dei contratti o incarichi stipulati in violazione;
- il divieto per il soggetto privato di contrattare con la Pubblica Amministrazione per i successivi tre anni. L’Autorità, nelle Linee Guida 2024, ha ritenuto che tale divieto operi solo nei confronti dell’amministrazione di provenienza dell’ex dipendente e dei suoi uffici periferici, tenuto conto della gravità e non graduabilità della sanzione;
- l’obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti in base al contratto nullo.
Considerazioni conclusive
Il divieto di pantouflage si conferma come uno strumento essenziale per la tutela della trasparenza e dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione.
Tuttavia, la sua applicazione pratica resta complessa e richiede una valutazione puntuale delle circostanze concrete: occorre verificare se l’ex dipendente abbia esercitato effettivi poteri autoritativi o negoziali, se l’incarico presso il privato abbia natura stabile e continuativa e se vi sia un collegamento diretto con l’attività svolta durante il servizio.
Pur restando alcuni profili di incertezza che potrebbero generare nuovi contenziosi, le Delibere dell’ANAC e le Linee Guida n. 1/2024 hanno contribuito a definire con maggiore chiarezza l’ambito applicativo della norma.
La vera sfida per amministrazioni e operatori privati è quella di prevenire tali rischi attraverso un’attenta valutazione ex ante, evitando violazioni che comporterebbero conseguenze gravi non solo sotto il profilo giuridico, ma anche reputazionale.