Produzione di energia da fonti rinnovabili e aree idonee: nuove indicazioni dal T.A.R. Lazio

Produzione di energia da fonti rinnovabili (FER) e aree idonee per l’istallazione degli impianti: nuove indicazioni dal T.A.R. Lazio

A cura di Avv. Daniele Bracci, Avv. Gianluca Podda, Dott. Andrea Campiotti

Il T.A.R. Lazio annulla l’art. 7, commi 2 e 3, del D.M. 21 giugno 2024 imponendo al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica una riformulazione dei criteri per l’individuazione delle aree idonee per l’istallazione di impianti FER

Indice

Il T.A.R. annulla i commi 2 e 3 dell’art. 7 del D.M. sulle aree idonee

Necessario il bilanciamento tra i vari interessi tutelati

Conclusioni

 

Produzione di energia da fonti rinnovabili e aree idonee: nuove indicazioni dal T.A.R. Lazio Il T.A.R. Lazio annulla l’art. 7, commi 2 e 3, del D.M. 21 giugno 2024 imponendo al Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica una riformulazione dei criteri per l’individuazione delle aree idonee per l’istallazione di impianti FER

 

 

Il T.A.R. annulla i commi 2 e 3 dell’art. 7 del D.M. sulle aree idonee

Con la recente sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. III, 13 maggio 2025, n. 9155, sono stati annullati i commi 2 e 3 dell’art. 7 del D.M. 21 giugno 2024 recante la “Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, che disciplinano, rispettivamente, i criteri per l’individuazione delle aree idonee e le c.d. fasce di rispetto per l’istallazione degli impianti.

La controversia riguardava una pluralità di operatori del settore energetico unitariamente rappresentati dall’Associazione Nazionale Energia del Vento (A.N.E.V.) i quali avevano proposto un articolato ricorso eccependo che il D.M. 21 giugno 2024 avrebbe peggiorato il quadro normativo di riferimento senza fornire principi e criteri omogenei e ampliato le restrizioni all’istallazione di nuovi impianti FER, complicando ulteriormente il sistema autorizzatorio. 

In particolare, la pronuncia in esame, nell’accogliere parzialmente il ricorso proposto, si è concentrata su due distinti, ancorché connessi, profili: da un lato, l’omogeneità dei criteri per l’individuazione delle aree idonee e non idonee per l’istallazione degli impianti FER; dall’altro, il rispetto delle c.d. fasce di rispetto. 

I ricorrenti avevano censurato il D.M. 21 giugno 2024, limitatamente all’art. 7, commi 2 e 3, nella parte in cui non avrebbe previsto principi e criteri omogenei per l’individuazione delle aree idonee e non idonee per l’istallazione di nuovi impianti.

In particolare, il comma 2 della menzionata disposizione – che attribuisce alle Regioni il compito di classificare le aree idonee in base a fonte, taglia e tipologia di impianto, nonché la possibilità di far salve le aree idonee ex lege, ossia quelle previste ai sensi dell’art. 20, comma 8, del D.lgs. n. 199/2021 (con il quale è stata data attuazione alla Direttiva UE 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili) – il T.A.R. Lazio ha evidenziato come tale previsione normativa non sia idonea a declinare i principi e i criteri direttivi stabiliti dal Legislatore nazionale con l’art. 5, comma 1, lett. a), della Legge di delega n. 53/2021. 

Sicché la censurata disposizione sconterebbe un “deficit di specificità che inficia la legittimità dei criteri dettati dal gravato decreto ministeriale per l’individuazione delle aree idonee”, con conseguente violazione della delega legislativa. 

Al riguardo, il Giudice amministrativo ha inoltre chiarito che, in un contesto normativo caratterizzato da esigenze di uniformità, “pur a fronte delle specificità territoriali delle singole Regioni, una disciplina, quale quella della individuazione della aree idonee e non idonee che intercetta anche aspetti relazionati con la salvaguardia dei beni paesaggistici e culturali, non può che presentare a sua volta un impianto tale da garantire la sua uniforme applicazione in tutto il territorio nazionale”. 

Parimenti, difetterebbe del carattere di omogeneità anche l’altro criterio, censurato dai ricorrenti, contenuto nel successivo comma 3 e avente ad oggetto il rispetto delle c.d. fasce di rispetto, vale a dire l’osservanza della distanza minima da beni sottoposti a tutela per l’istallazione degli impianti FER.

Dette fasce di rispetto, originariamente fissate dall’art. 20, comma 8, lett. c-quater), del D.lgs. n. 199/2021 in 7 km per gli impianti eolici e in 1 km per quelli fotovoltaici, sono state, peraltro, recentemente rideterminate rispettivamente in 3 km e in 500 m dal D.L. n. 13/2023 (conv. in L. n. 41/2023), subendo quindi una significativa riduzione. 

Secondo il T.A.R., l’illegittimità dell’art. 7 “discende dal fatto che tale previsione [il comma 3, n.d.a.] abilita le Regioni a prevedere fasce di rispetto più ampie, in relazione alla installazione di impianti eolici e fotovoltaici, rispetto a quelle previste dal legislatore ai sensi dell’art. 20, comma 8, lett. c-quater), del d.lgs. n. 199/2021”.

Infatti, come evidenziato dal Giudice amministrativo, “le fasce di rispetto individuate dal legislatore risultano già espressive di specifiche esigenze di tutela dei beni culturali e paesaggistici, sicché risulta difficile ipotizzare che vi siano ulteriori e più specifiche ragioni che possano legittimare le Regioni a discostarsi dalle scelte operate a monte dal legislatore statale cui spetta la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dei predetti beni”. 

La disposizione in esame sarebbe poi illegittima, secondo il T.A.R., anche perché si sostanzierebbe “di fatto, in una integrale devoluzione alle Regioni del compito di individuare specifiche misure di rafforzamento della protezione dei beni culturali e paesaggistici per ciascuna tipologia di impianto FER individuato dal d.lgs. n. 190/2024”. 

 

Necessario il bilanciamento tra i vari interessi tutelati

La pronuncia in commento costituisce vera e propria “lezione” in materia di rapporti tra legislazione statale e regionale in ordine al corretto bilanciamento dei plurimi interessi coinvolti nelle procedure autorizzative degli impianti FER.

Infatti, oltre al c.d. principio della massima diffusione delle energie rinnovabili, sancito a livello europeo e recepito nell’ordinamento nazionale sin dalla L. n. 387/2003 (con la quale è stata data attuazione alla Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), la disciplina deve contemperare altri interessi, non recessivi rispetto al primo, come anche chiarito dalla pronuncia in esame laddove viene ribadito che il principio di massima diffusione delle FER “non può fungere da leva indiscriminata per la realizzazione senza vincoli di tali impianti nel territorio nazionale.

In assenza di tale contemperamento, infatti, si correrebbe il rischio di frustrare la necessaria esigenza di uniformità strumentale alla tutela dei valori di rango primario, quali la tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, incisi dall’esercizio delle attribuzioni regionali in materia energetica.  

Sul punto merita evidenziare che lo stesso T.A.R., con un’ordinanza pubblicata lo stesso giorno della sentenza in commento (T.A.R. Lazio, Sez. III, ordinanza n. 13 maggio 2025, n. 9164) e avente ad oggetto le medesime questioni, soffermandosi sul concetto di “area non idonea”, ha affermato che tale qualificazione non può costituire un limite assoluto alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili

Infatti, anche in tali aree, i soggetti proponenti devono avere la possibilità di poter presentare un progetto dimostrando la compatibilità dello stesso con i vari interessi meritevoli di tutela (in primis, ambiente, paesaggio e patrimonio culturale).

Dal canto loro, le amministrazioni devono però motivare l’eventuale diniego caso per caso in quanto la localizzazione geografica non può costituire l’unico criterio per il rigetto, che deve invece fondarsi su una valutazione puntuale e proporzionata, nel rispetto della normativa europea e nazionale.

Conclusioni

La pronuncia in commento pone l’attenzione su aspetti centrali della disciplina in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili, con particolare riferimento alla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni alla luce di un equo contemperamento dei vari interessi tutelati (ambiente, paesaggio e patrimonio culturale), al sistema autorizzatorio nonché all’assenza di criteri uniformi per l’individuazione delle aree idonee per l’istallazione di nuovi impianti. 

Peraltro, tale sentenza si inserisce in un contesto normativo assai frastagliato e caratterizzato da interpretazioni difformi da regione a regione nell’ambito del quale, sempre più frequentemente, il Giudice amministrativo è intervenuto nel tentativo di fare chiarezza. 

Questa volta, tuttavia, il T.A.R. Lazio, nell’annullare l’art. 7 del D.M. 21 giugno 2024 (limitatamente ai commi 2 e 3), ha fatto un passo in avanti, imponendo al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica “di rieditare i criteri per la individuazione delle aree idonee e non idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili, nonché di dare attuazione al disposto di cui all’art. 5, comma 1, lett. a) della L. 53/2021 (…) senza vincolo di contenuto ma nel rispetto di quanto statuito con il presente dictum giudiziale”, con ciò aprendo la strada ad una prima revisione della disciplina al fine di rendere la stessa più coerente con la normativa europea nonché con le esigenze, avvertite dagli operatori del settore, di velocizzare le procedure autorizzative.  

 

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