Nulla la delibera condominiale in tema di lavori su proprietà esclusive di singoli condomini dissenzienti.

Nulla la delibera condominiale in tema di lavori su proprietà esclusive di singoli condomini dissenzienti.

A cura di Avv. Emilia Piselli,  Avv. Fabrizio Vomero

Nella recente ordinanza n. 5528 del 2 marzo 2025, la Corte di Cassazione si è soffermata sulla validità di delibere condominiali che dispongano lavori straordinari coinvolgenti aree di proprietà esclusiva di singoli condomini.

Nel caso esaminato, due condomini avevano impugnato le delibere con le quali l’assemblea condominiale aveva incaricato un tecnico di redigere il computo metrico di lavori straordinari relativi anche ai balconi di proprietà esclusiva dei rispettivi proprietari, nonché scelto l’impresa appaltatrice incaricata dell’esecuzione delle opere condominiali e private.

Tanto il Tribunale di primo grado, quanto la Corte di Appello avevano rigettato l’impugnazione, rilevando, in primis, l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto oltre il termine decadenziale di trenta giorni ex art. 1137, comma 2, cod. civ. In particolare, secondo la Corte d’Appello di Salerno, i condomini dissenzienti sarebbero decaduti dal potere di impugnare le delibere che, non avendo vincolato le proprietà esclusive dei singoli partecipanti, non erano viziate da nullità. Inoltre, gli stessi condomini sarebbero stati carenti di interesse, dal momento che le decisioni dell’assemblea non arrecavano pregiudizio alla loro proprietà, perché era prevista una doppia contabilità (una per le opere condominiali e un’altra per gli interventi di natura privata). 

La sentenza d’appello è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione dai condomini dissenzienti sulla scorta di due motivi: con il primo motivo, si è contestato alla Corte salernitana di non avere compreso che le due delibere assembleari in questione sarebbero nulle giacché concernenti oggetti estranei alla competenza assembleare, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno inciso sui diritti individuali dei condomini dissenzienti; con il secondo, si è denunciato che i condomini ricorrenti avrebbero pieno interesse ad impugnare le delibere assembleari che hanno determinato la stipula di contratti vincolanti per il condominio committente (e, quindi, anche per gli stessi ricorrenti).

La Suprema Corte ha ritenuto fondati entrambi i motivi, rilevando, in primo luogo, che l’interesse ad agire dei ricorrenti deriva dal fatto che dell’adempimento dei contratti scaturiti dalle decisioni assembleari impugnate risponde il Condominio e, perciò, ciascun condomino. 

In secondo luogo, come chiarito dalle Sezioni Unite (sentenza 14 aprile 2021, n. 9839), la deliberazione dell’assemblea condominiale è nulla, tra le varie ipotesi, in caso di «impossibilità dell’oggetto, in senso materiale o in senso giuridico, da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione»

In questo senso, per valutare l’impossibilità giuridica dell’oggetto, occorre considerare le “attribuzioni” proprie dell’assemblea, la quale, in qualità di organo deliberativo della collettività condominiale, può occuparsi esclusivamente della gestione dei beni e dei servizi comuni, e non «dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi, giacché qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell’edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell’assemblea, che è il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi».

Del resto, anche prima dell’intervento delle Sezioni Unite, la giurisprudenza di legittimità aveva spiegato che l’assemblea condominiale non può assumere decisioni che implichino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, a meno che non si ripercuotano sull’opportuno uso delle cose comuni (cfr. Cass., nn. 6652/2017 e 7042/2020, in tema di delibere riguardanti i balconi). 

Nella fattispecie scrutinata, pertanto, è impossibile dubitare della nullità delle delibere impugnate, in quanto tali sottratte al termine di impugnazione di cui al secondo comma dell’art. 1137 cod. civ., poiché, intervenendo sui balconi di proprietà dei singoli condomini, esulano dalla gestione condominiale.

 

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