Lo stato dell’arte sullo scorporo e la ribassabilità dei costi della manodopera
Ribasso dei costi della manodopera?
Lo stato dell’arte sullo scorporo e la ribassabilità dei costi della manodopera
A cura di Avv. Daniele Bracci, Avv. Tania Rea
Indice degli argomenti
- 1) Premessa: l’art. 41 del nuovo Codice dei contratti pubblici e i dubbi interpretativi sul ribasso dei costi della manodopera
- 2) L’interpretazione della giurisprudenza, del MIT e dell’ANAC: sì al ribasso dei costi della manodopera.
- 3) Conclusioni
1) Premessa: l’art. 41 del nuovo Codice dei contratti pubblici e i dubbi interpretativi sul ribasso dei costi della manodopera
Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, di cui al D.Lgs. n. 36/2023, all’art. 41, comma 14, stabilisce che i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato a ribasso ma, allo stesso tempo, precisa che «resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale».
Suddetta norma non può che essere letta in combinato disposto con il comma 9, dell’art. 108 del D.Lgs. n. 36/2023, il quale impone ai concorrenti di indicare i costi della manodopera nell’offerta economica a pena di esclusione.
Ebbene, in merito alle previsioni normative testé citate, è sorto un dubbio interpretativo di non poco conto. In particolare, ai sensi dell’art. 41, comma 14 del Codice, non è chiaro se l’operatore economico debba materialmente scorporare i costi della manodopera dall’importo assoggettato al ribasso, con la conseguenza che non è per lo stesso possibile proporre ribassi d’asta in relazione a tale voce di costo, oppure, se vi è la possibilità, stando all’inciso successivo del medesimo articolo, di giustificare un eventuale ribasso sull’importo complessivo riportato nell’offerta, e quindi comprensivo della voce relativa ai costi della manodopera, laddove dimostri una più efficiente organizzazione aziendale.
In altri termini, ci si è chiesto se i modelli di offerta economica devono essere predisposti dalla Stazione Appaltante con l’indicazione del costo della manodopera “bloccato” o, al contrario, è possibile indicare anche una voce diversa, e quindi ribassabile, con obbligo però di dimostrare che il contenimento dei costi deriva dall’efficienza aziendale, e non da un trattamento salariale inadeguato.
Ebbene, diverse sono state le pronunce sul punto, sia della giurisprudenza che delle Autorità competenti.
2) L’interpretazione della giurisprudenza, del MIT e dell’ANAC: sì al ribasso ribasso dei costi della manodopera.
La prima pronuncia giurisprudenziale sul tema, seppur relativa a un appalto al quale era applicabile il previgente Codice (D.Lgs. n. 50/2016), è stata offerta dal Consiglio di Stato che, con sentenza n. 5665, del 9 giugno 2023, ha colto l’occasione per svolgere alcune osservazioni sul nuovo art. 41.
In particolare, il Collegio ha osservato che un effettivo scorporo dei costi della manodopera si tradurrebbe in un «divieto indiscriminato di ribasso sulla manodopera», con molteplici effetti negativi tra cui la standardizzazione dei costi verso l’alto e, nel caso di appalti ad alta intensità di manodopera, la limitazione del confronto competitivo al solo ribasso sui (residuali) costi diversi dalla manodopera.
Nella sostanza il Collegio ha interpretato l’art. 41, comma 14, nel senso che i costi della manodopera sono ribassabili – e quindi non materialmente scorporati – ma che il ribasso dev’essere giustificato alla luce di un’efficiente organizzazione aziendale.
Il servizio di consulenza del MIT, con parere n. 2154 del 19 luglio 2023, ha offerto un’interpretazione basata sulle indicazioni operative contenute nel bando tipo ANAC n. 1/2023, il quale indica che l’importo a base di gara comprende i costi della manodopera stimati dalla Stazione Appaltante e che i costi della manodopera effettivamente stimati dal concorrente vadano indicati in offerta da quest’ultimo.
Pertanto, secondo il MIT, i concorrenti possono ben esporre costi della manodopera inferiori a quelli stimati dalla Stazione Appaltante, con la conseguenza che in tal caso l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ex art. 110 del Codice, fermo ovviamente il divieto di fornire giustificazioni in relazione a trattamenti salariali inferiori ai minimi inderogabili.
Successivamente ANAC, con il parere di precontenzioso n. 528 del 15 novembre 2023, ha fornito una lettura sistematica della prima e della seconda parte del comma 14 dell’art. 41 D.Lgs. 36/2023, concludendo che nonostante la formulazione letterale della prima parte dell’art. 41, comma 14, del Codice «induca a ritenere che i costi della manodopera siano scorporati dall’importo assoggettato a ribasso, la lettura sistematica e costituzionalmente orientata delle diverse disposizioni del Codice in materia di costi della manodopera» debba portare a conclusioni opposte.
In altre parole, ANAC ritiene che la libertà di iniziativa economica debba necessariamente comprendere la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione Appaltante, salvo il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili.
Secondo ANAC, infatti, il secondo inciso contenuto nell’art. 41, comma 14, che prevede che «resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale» si tradurrebbe in un nonnulla se si interpretasse come divieto inderogabile di ribasso dei costi della manodopera.
ANAC si riferisce, altresì, all’art. 108, comma 9, e all’art. 110 del Codice, i quali rispettivamente impongono, da un lato, ai concorrenti di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e dall’altro, alle Stazioni Appaltanti, nel valutare la congruità delle offerte, di tener conto anche dei costi della manodopera indicati dai concorrenti.
In continuità con quanto sopra, si è poi espresso il TAR Sicilia, il 19 dicembre 2023, il quale ha ritenuto legittima l’impostazione data da un’Amministrazione nell’ambito di una procedura di gara dove i costi della manodopera erano indicati in via separata con la possibilità di esprimere un ribasso in termini percentuali sull’importo complessivo a base d’asta, inclusi i costi della manodopera.
Il TAR, quindi, interpreta l’obbligo normativo di scorporare i costi della manodopera come un mero onere di indicazione separata negli atti di gara, senza che ciò precluda ai concorrenti di offrire ribassi su tale significativa voce di costo.
Dello stesso avviso è il TAR Toscana (sez. IV, 29 gennaio 2024 n. 120), il quale ha ritenuto che l’art. 41 debba essere interpretato in maniera coerente con l’art. 108, comma 9 e l’art. 110 del Codice, proprio come sostenuto da ANAC. Infatti, il TAR conclude osservando che «se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta».
Tuttavia, di segno contrario è il TAR Salerno che con sentenza dell’11 gennaio 2024, si è trovato a valutare la legittimità o meno di atti di gara che prevedevano l’indicazione di un rigoroso scorporo del costo della manodopera, rispetto al quale era esclusa la possibilità di ribasso per l’operatore economico. Ebbene, il TAR, nonostante non si sia pronunciato circa l’interpretazione dell’art. 41, e, quindi, limitandosi all’esame della legittimità degli specifici atti di gara, ha confermato la bontà della scelta della Stazione appaltante di precludere il ribasso sui costi della manodopera.
Il TAR Calabria, invece, con sentenza n. 119 dell’8 febbraio 2024, ritiene che l’art. 41 farebbe riferimento a «due concetti distinti»:
– «“l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera»;
– «“l’importo assoggettato al ribasso” dal quale, invece, “i costi della manodopera”, devono essere scorporati».
La previsione normativa, secondo il TAR, vietando il ribasso sulla manodopera, perseguirebbe «l’evidente fine di non sottostimare le retribuzioni da erogare ai lavoratori “applicati” nell’esecuzione delle commesse pubbliche».
Quanto al secondo inciso, il TAR afferma che i concorrenti potrebbero ben esporre una cifra a titolo di costi della manodopera inferiore a quella stimata dalla Stazione Appaltante, dimostrando che il risparmio derivi da una più efficiente organizzazione aziendale, ma senza che tale risparmio possa consentire una concorrenzialità maggiore in gara, non potendosi tradurre in un maggior ribasso sull’importo a base di gara.
3) Conclusioni
Ebbene, sebbene ci siano certamente ancora delle incertezze interpretative, la tesi ad oggi prevalente sembrerebbe quella di consentire all’operatore economico un ribasso dei costi della manodopera, che lo stesso potrà giustificare nel corso del subprocedimento di cui all’art. 110 del Codice, fermo restando il rispetto dei trattamenti salariali minimi inderogabili.
Da ultimo rileva senz’altro la sentenza del 19 febbraio 2024, con cui il Consiglio di Stato, pronunciandosi sulla legittimità o meno di un’esclusione di un operatore economico a causa di un’offerta incongrua, ha precisato che ove ribassati, i costi della manodopera, dovranno essere necessariamente sottoposti al subprocedimento di verifica di congruità di cui all’art. 110 del Codice.
Nel caso di specie, l’operatore economico ha giustificato tale ribasso con l’abbattimento del monte orario sulla scorta di una serie di causali e istituti a suo dire comprimibili in ragione del peculiare modello organizzativo proposto. Tuttavia, secondo il Collegio una simile circostanza non può essere suffragata con generiche allegazioni relative alla prassi aziendale, atteso che gli scostamenti dai valori delle tabelle ministeriali devono essere suffragati da statistiche aziendali e motivazioni puntuali.